"Kandinsky nei dipinti dopo il 1920, (…) sembra di proposito studiare gli infiniti significati che può assumere, mutando la situazione dello spazio o il colore, il medesimo segno geometrico" (G.C.Argan, op. cit.)  

 

 

<<Nel suo trattato "Dello spirituale nell’arte" Kandinsky, (…) si sforza di definire il valore espressivo delle forme e dei colori, le loro differenti combinazioni. Ogni colore, dice, ha una sua qualità propria e determina un’impressione particolare: il giallo è caldo, nervoso, irritante; il blu pacifico, severo e freddo; il rosso, ardente, passionale, virile; il verde, statico, neutro, passivo. E mentre il bianco evoca un silenzio pieno di potenza nascosta, il nero è un silenzio senza avvenire.(…)E’ in questo senso, pensa Kandinsky, che ogni forma, ogni colore ha un contenuto proprio, una "necessità interiore" particolare che resta indipendente dalla realtà degli oggetti esteriori e si apre ai sentimenti più che alla ricerca concettuale. Nel suo studio "Punto, linea e superficie" del 1926, Kandinsky, prova a sviluppare una sorta di "grammatica" delle forme elementari e dei loro derivati: partendo dal punto, dal triangolo, dal quadrato e dal cerchio per raggiungere le forme geometriche più complesse, analizza le composizioni delle misure piane dal punto di vista del loro valore di comunicazione (…).E’ evidente che una tale grammatica è soggetta a infiniti sviluppi e non può escludere le interpretazioni soggettive. Kandinsky ne era cosciente e (…), nel 1910 scriveva : " Toni contrastanti, squilibrio, principi che non esistono più… opposizioni e contraddizioni: ecco la nostra armonia" >>. (Kandinsky, catalogo redatto da Peter Anselm Riedl)

 

Forma e colore rappresentano un binomio inscindibile, non solo nel caso di un’opera d’arte, ma anche per un qualsiasi oggetto, da questo tipo di relazione non può esimersi neppure la calzatura, basti pensare a quanti personaggi femminili della letteratura, maggiori o minori, sono stati affidati all’immaginazione del lettore grazie al balenare del colore, non di un vestito o di altro, bensì di una scarpa. Il colore assume allora un significato più ampio, diventa espressione, identificazione col personaggio, si fa mezzo di comunicazione di un carattere, di una situazione, di uno stato d’animo, soprattutto se si attribuisce alla calzatura il significato che io ho voluto attribuirle, ovvero d’interfaccia pratico e teorico, di viaggio fisico e mentale; ma la realtà è caratterizzata dalla mutevolezza, perciò non è sempre detto che gli stati d’animo e le situazioni siano sempre uguali a sé stessi ed identificabili in uno stesso colore, per questo deve esistere la possibilità, camaleontica, della mutazione come segno di riconoscibilità; gli obiettivi soggettivi che mi sono posta di interattività, di fruibilità e di versatilità servono ad offrire questa opportunità concreta di cambiamento, la possibilità che ad un mutamento, seppure non assoluto, della forma deve poter corrispondere la scelta di un colore, pur sempre nel mantenimento dell’identità della specie di appartenenza individuata nel percorso progettuale. Tale identità si conserverà in ogni tipo di trasformazione ed è il punto di partenza non solo delle evoluzioni nell’ambito dello stesso percorso progettuale, ma di quelle successive all’incontro tra progettista e fruitore, dove l’oggetto diventa per la prima volta il tramite tra essenza dell’uno ed essenza dell’altro, sarà questo momento di scambio ad avviare una serie di contatti diversi per ogni paio di sandali della medesima specie, che entrando in un sistema sinergico col singolo fruitore, diverso da qualunque altro, e, conseguentemente con un ambiente di interscambi ben preciso ed in continua morfogenesi, acquisiranno nel tempo caratteri sempre più unici e personali, tali da distinguere e caratterizzare ancora maggiormente quel paio di sandali da tutti gli altri appartenenti a quella precisa specie, e ciò senza mai compromettere la riconoscibilità in essa; come nel caso di un essere organico che nasce sì come parte di una specie, ma già alla sua origine è diverso da tutti, e che rafforzerà la sua individualità ed unicità nel corso della propria evoluzione fatta di eventi, di contatti, di momenti unici e per questo unica sarà la sua storia, collocata in un preciso spazio e in un preciso tempo. Questo tipo di discorso potrebbe sembrare improbabile se non avessimo a che fare con sistemi produttivi che consentono di generare in maniera seriale staccandosi, tuttavia, dal concetto di "modulo": "Si può arrivare quindi, con le tecniche di produzione attuali, alla realizzazione di serie variate di oggetti industriali sempre diversi, con lo stesso costo-macchina della realizzazione di oggetti sempre uguali. Ma ciò richiede una progettazione diversa: il design di morfogenesi."(C.Soddu-E.Colabella, op. cit.); tenendo conto poi, che con il medesimo sistema produttivo è possibile proporre una serie di elementi intercambiabili, le combinazioni aumentano e proseguono anche al di là della scelta iniziale fatta dal fruitore nel decidere uno degli individui generati durante il percorso progettuale, per cui egli stesso può continuare il lavoro del progettista permettendo l’evoluzione dell’oggetto, ma anche aumentando il suo livello di complessità e unicità, nel rispetto dell’originario codice genetico.

Come varia lo stesso soggetto mutando il colore

Edvard Munch, "Madonna"